lunedì 8 giugno 2009

Festival della Fotografia

Festival della Fotografia

L’intima gioia racchiusa in uno scatto
Se qualcuno pensava che il Festival della Fotografia avrebbe pagato un tributo in termini politici al cambiamento dei vertici dell’amministrazione comunale, restando schiacciato dal ridimensionamento di una certa quota dell’offerta culturale, si è dovuto ricredere. Anche quest’anno, infatti, quella che può a buon titolo considerarsi la più importante kermesse fotografica nazionale è partita con un programma ambizioso e di respiro internazionale. Come di consueto, oltre al Palazzo delle Esposizioni il suo raggio d’azione si allarga e coinvolge sedi espositive esterne, con la collaborazione di realtà culturali istituzionali e private. Il curatore Marco Delogu non nasconde la soddisfazione per essere riuscito a mantenere in vita questa rassegna e aver creduto fino in fondo nel progetto. «Da parte mia non c’è mai stato alcun dubbio sulla necessità di continuare l’esperienza iniziata sette anni fa – ci ha spiegato Delogu – Si è trattato di capire chi avrebbe sostenuto l’edizione di quest’anno e, di conseguenza, con quali intenti condurla. Inizialmente ci sono stati equivoci e qualche polemica, ma alla fine ha prevalso, anche da parte delle autorità, il buon senso e la consapevolezza che Roma non poteva permettersi il lusso di disperdere il patrimonio di esperienza e prestigio internazionale raggiunto con questo appuntamento annuale».

Niente di cambiato, quindi, rispetto agli altri anni?
Non proprio. In realtà si è soprattutto abbassato il budget e di conseguenza è cambiata in parte la fisionomia del festival. Facendo tesoro dell’esperienza degli anni scorsi abbiamo cercato di trasformare una necessità in una scelta virtuosa, riducendo il numero delle sedi periferiche, che nelle edizioni precedenti aveva raggiunto una dimensione ipertrofica, oggettivamente dispersiva. E’ stato così possibile anche concentrare – praticamente accade tutto nella prima settimana – incontri e date di inaugurazione delle mostre inserite nel circuito esterno del festival.

Avete individuato nuovi partners culturali…
A Roma hanno sede molte accademie straniere, un importante patrimonio di iniziative culturali in ogni settore delle arti figurative. Operano in completa autonomia, ma è chiaro che la loro attività è fortemente radicata nella città, non fosse altro che per il meccanismo dei soggiorni di studio che offrono ai loro borsisti. Non abbiamo fatto altro che coinvolgerle nel progetto, chiedendo loro di proporre fotografi i cui lavori potessero inserirsi nel tema di quest’anno. La risposta è stata puntuale e di alto livello e ha arricchito notevolmente la dimensione internazionale del festival.

Questa VIII edizione del festival è ispirata alla gioia: è forse una scelta in direzione del disimpegno?
Direi piuttosto che è un tema molto difficile da trattare in fotografia ed è stato suggerito dal mio percorso professionale, soprattutto dai miei ultimi lavori. Credo che si debba uscire da uno stereotipo estetico e culturale, troppo scontato, secondo il quale la fotografia è bella quando punta il suo obbiettivo sull’accadimento drammatico, sulla tragedia dell’esistenza degli altri oppure quando è al servizio del glamour. Questi estremi rischiano di condizionare, banalizzandolo, il linguaggio della fotografia d’autore. Trovo più interessante il lavoro di chi approfondisce lo sguardo su aspetti quotidiani perfino della loro stessa esistenza personale, senza dare la caccia all’immagine a sensazione, guidati dal desiderio di raccontare quello che a prima vista può apparire anche banale. Del resto chiunque pratichi la fotografia con intenti creativi sa che c’è “gioia” nell’atto stesso di realizzare un’immagine, un senso di piacere e di appagamento che si produce al momento dello “scatto”. E’ un concetto che emerge dai lavori di quest’anno, che mi sembra ricalchino da vicino questa posizione e che trova senz’altro espressione nell’installazione “Heartbeat”di Nan Goldin sui rapporti tra coppie, e perfino nell’ultimo lavoro di Don McCullin, “Roman Frontiers”, che ripercorre i luoghi di confine dell’impero romano documentandone l’aspetto attuale.

Come immagina il festival dei prossimi anni?
Così com’è nel programma del Palazzo delle Esposizioni: soprattutto un’opportunità di incontro tra fotografi, e dei fotografi con il pubblico, attraverso letture, dibattiti e proiezioni. Per le grandi mostre di fotografia ci sono i luoghi deputati: le Scuderie del Quirinale, La Galleria Nazionale, Palazzo Braschi... Il festival, più che una grande manifestazione espositiva, deve funzionare come appuntamento per una comunità di professionisti che possa ritrovarsi annualmente, qui a Roma, con esperienze e progetti nuovi da confrontare e raccontare.
Valerio Giannetti

FotoGrafia- Festival Internazionale di Roma
29 maggio - 2 agosto 2009
Palazzo delle Esposizioni e varie sedi
www.fotografiafestival.it

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